Parlare o scrivere di Enrichetta? Davvero un’impresa titanica per la ricchezza dei ricordi che affacciano alla memoria sovraffollandola. Sono stati tanti gli anni trascorsi a fianco di questo gigante di umiltà che ha dedicato la sua vita agli altri, a partire dai membri della sua famiglia: lei, dapprima sostegno della mamma, poi preziosa, costante, premurosa e rispettosa compagnia del fratello Don Tarcisio che ha accudito con amore fino ad accogliere il suo ultimo respiro, reso nella casa di Via Depretis. Insostituibile presenza anche nella vita di Padre Paolino che andava a visitare periodicamente alla Trappa di Frattocchie. e con cui aveva uno stretto e incessante dialogo confrontandosi con lui spesso anche in modo vivace. Ma ella operava sempre in ombra come testimoniano i racconti che faceva delle avventure del “Monaco in bianco e nero. Era felice della santità degli altri In tanti anni di vicinanza non l’ho mai sentita parlare di se stessa:ogni racconto era per sottolineare le qualità dei genitori dei fratelli Passava sotto silenzio anche gravi interventi chirurgici che aveva subito (asportazione di un rene per un cancro e poi del seno). Tutto era sopportato con una forza e pazienza fuori dal comune e poi dimenticato. Niente faceva per emergere: eppure tutti la cercavano, volevano conoscerla, parlarle. Non si sottraeva mai pur di soddisfare le richieste e di sostenere le persone in difficoltà, diffondendo il messaggio evangelico vissuto e trasmesso dai suoi Beati genitori. Ha attinto sempre forza dall’Eucaristia quotidiana e dalla adorazione del SS. a cui dedicava tempo ogni giorno: là affondavano le radici di Enrichetta, questo meraviglioso Cedro del Libano, immagine che trovo cosi rispondente alla sua figura. Le era molto piaciuto un augurio di Buon Compleanno che le ave lute “ll giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano. Piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del no- Nella vecchiaia daranno frutti, saranno vegeti e rigogliosi vo fatto, citando proprio il Salmo 91 là dove dice stro Dio Per annunziare quanto è retto il Signore Mia roccia, in Lui non c’è ingiustizia Mi confidò che anche Don Tarcisio, tempo addietro, aveva utilizzato il Cedro del Libano per un augurio una analoga costanza. Enrichetta: questo albero forte, che allunga i rami nel corso d’acqua della sua fede robusta, che produce abbondanti frutti espressi dall’incalcolabile numero di figli spirituali, che cosi tenacemente piantato nella Casa del Signore da divenire lei stessa Casa accogliente per ogni persona che bussa alla porta. Anche nella vecchiaia, ancora vegeta e rigogliosa, ha fruttificato abbondantemente e ha saputo, nella malattia e nella sofferenza, annunziare quanto è retto Signore, abbandonandosi come un “bimbo in braccio La sua vita è stata preghiera, ma mai staccata dalla concretezza della realtà: mi piace ricordare la semplicità di una sua fra a sua madre se: “quello che fai, fallo bene Mi aiuta il ripe- spesso, soprattutto quando sono presa dalla fretta: lei non aveva mai fretta, era rapida e decisa ma mai frettolosa. Cosi stato anche quando partita. Nell’ultima Eucaristia, celebrata al suo capezzale in grande comunione di preghiera il 15 giugno 2012 alle ore 18, come di consueto, c’era un mondo intorno a lei anche se numericamente eravamo in sette oltre il sacerdote e l’infermiere. Erano presenti tutte le tipologie delle persone che fra vecchi, giovani, meno giovani e anche bimbi. Il suo stato di salute non le permetteva di essere costantemente vigile, ma ha sempre risposto con attenzione, si è comunicata e quando stato intonato il canto finale Al cader della giornata” scritto da Don Tarcisio, lei non era fuori dal coro. Il giorno successivo, 16 giugno, senza fretta, ha raggiunto i suoi cari, alla chetichella, in un silenzio inusuale per Casa Bel trame Quattrocchi. Non so che vestito avesse (non abbiamo potuto vederla) ma forse, un vestito di luce, come dice uno dei bimbi presente quella benedetta indimenticabile sera del 15 giugno.

Due “vecchie” amiche

Era una giornata come tante altre quando un collega di lavoro mi invitò ad un incontro per il giorno seguente con Enrichetta. Così la chiamò e subito fui colpita da una strana luce che si accese negli occhi di Pasquale: al solo pronunciare quel nome, il suo volto cambiò e i suoi occhi brillarono. Il giorno seguente arrivai a casa della sorella di Padre Massimiliano, che in quel periodo ebbe la grazia di ospitarla per un lungo soggiorno, dove fui accolta come una di famiglia, tra abbracci e baci, e subito tutti a tavola per con- dividere quel santo momento. Entrò Enrichetta, fummo presentate iniziammo a par lare come due vecchie amiche che rincontravano dopo tanto tempo. Mi chiese della mia esperienza di mamma, di moglie, del lavoro e dei miei giovani colleghi. Ebbe, per tutto il tempo tra scorso insieme, una parola dolce o un buon consiglio da dare Le parlai a lungo di Elena, una cara collega disabile, ed ella mi fede riflettere: chi è Elena? Perché il Signore ha fatto incontrare le nostre strade? E fu così che Elena dal quel giorno è diventato per me un dono, una ricchezza da custodire e proteggere. Omaggiai Enrichetta con un libro sulla vita di Papa Wojtyla e lei mi ringraziò con un sorriso. Al rientro a casa ero frastornata, piena di emozioni, una gioia immensa sentivo nel mio cuore. Non riuscivo comprendere cosa realmente fosse accaduto, ma sentivo la necessità di ripercorrere quei momenti, di coccolarmi in quella sensazione di beatitudine, di pace, di fraternità. Quell’incontro stato una grande ricchezza che porte sempre nel mio cuore. Sono certa che Enrichetta, ovunque sia, avrà sempre una parola dolce e una carezza per i suoi figli. Ringrazio di cuore Padre Massimiliano e Pasquale che mi hanno dato la possibilità di vivere questa meravigliosa esperienza di vita.