
«La famiglia, grembo dove si educano cuore, volontà e spirito»
Santi in quanto sposi. Insieme ai coniugi Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresina di Lisieux, e alla famiglia polacca Ulma, anche gli sposi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi sono diventati sacramento visibile, ossia segno tangibile della grazia divina, del matrimonio cristiano che hanno celebrato con tutta la loro vita. In modo speciale negli scritti di quest’ultima, sposa e madre santa, viene sviluppata una ‘teologia sapienziale incarnata’ della famiglia enucleata con chiarezza da padre Massimiliano Noviello nel suo recente saggio Maria Corsini Beltrame Quattrocchi. Il suo pensiero sulla famiglia Chiesa domestica (Cantagalli, 2025, pp. 264). Postulatore della causa della Venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi, consacrata laica e ultima figlia dei beati coniugi, considera Maria Corsini sua ‘mamma spirituale’, per dirla riprendendo un’espressione del cardinale Sepe.
Padre Noviello, da dove nasce il suo interesse per la figura di Maria Corsini e cosa di lei l’ha incuriosita maggiormente? «Ho conosciuto Maria Corsini tramite sua figlia Enrichetta, ora Venerabile. Il nome di quest’ultima figurava infatti nell’agendina di Mons. Francesco Saverio Toppi – arcivescovo di Pompei, dichiarato anch’egli Venerabile da Papa Francesco – della cui Causa ero stato incaricato quale postulatore. Così, senza neanche saperlo, mi sono ritrovato a casa dei coniugi Beltrame Quattrocchi e della loro figlia che sarà poi proclamata Venerabile per raccogliere testimonianze sull’arcivescovo di Pompei. Ho poi avuto modo di conoscere bene Enrichetta, consacrata laica, frequentandola per sette anni. Novantenne, mi parlava della Passione del Signore e mi raccontava tantissimo dei suoi genitori, in particolare della sua mamma Maria Corsini. Prima di morire Enrichetta mi confessò il desiderio che le opere di sua madre fossero ripubblicate e diffuse attraverso uno studio scientifico. Io ho dato seguito alla sua volontà per ora attraverso la mia tesi di dottorato, che è di fatto tale recente pubblicazione».
Può illustrarci sinteticamente i punti salienti incarnati dalla Corsini di questa ‘teologia sapienziale’ della famiglia? «Pedagogista fiorentina, Maria Corsini ha scritto 14 volumi sul compito educativo della donna e della madre all’interno della famiglia, in un contesto storico, sociale e culturale già di crisi della famiglia. Al centro della sua produzione pedagogica e teologica, ma anche della sua vita (ecco perché parliamo di una ‘teologia sapienziale’ concreta) vi è l’idea che la famiglia non sia un’agenzia educativa, ma un grembo in cui si è chiamati a formare una mente, un cuore, una volontà. La sua vita e il suo pensiero ci invitano a costruire una pastorale che abbia come fondamento la vocazione matrimoniale per un cammino di santità».
Quale è dunque il ruolo di una sposa e madre esemplare? «In primo luogo la consapevolezza che la grazia del matrimonio dà agli sposi una nuova identità e li abilita anche ad essere missionari; una missionarietà che deve attuarsi anzitutto nella chiesa domestica della famiglia, poi nella comunità parrocchiale e nelle altre realtà associative e sociali. Maria Corsini ci aiuta a recuperare anche il carisma battesimale. Molti oggi sono stanchi di accompagnare ed educare i figli. Formare i figli ed educarli alla fede rientra già nella dimensione sacerdotale del loro battesimo prima ancora che in quella matrimoniale. Si tratta, come ella ripeteva, di offrire ai figli “una postura all’altezza dell’anima”, vivendo la vita di tutti i giorni orientati ai beni soprannaturali. In tutte le sue opere chiama in causa la Vergine Maria proprio perché la Madonna non viene dal cielo, ma viene dalla terra. Avere lo spirito di Maria permette di vivere non in modo astratto, coniugando ogni atteggiamento e attività con l’ascolto, il silenzio, la preghiera, il Rosario, per accogliere continuamente lo spirito di Dio in modo da riconoscere il soprannaturale nei fatti».
Quali espressioni della Corsini hanno suscitato maggiormente il suo interesse? «“Guardare il mondo dai tetti in su”, ossia invitare i figli ad avere i piedi radicati sulla terra puntando il cuore sempre verso l’alto. Riteneva inoltre bisognasse formare la loro volontà attraverso dei ‘piccoli no’, affinché i figli potessero abituarsi a dire i grandi no e i grandi sì rispetto alle scelte più importanti. Insomma si tratta di “educare la volontà dei figli per non avere sorprese quando sono adulti”, come ripeteva».
Quali consigli spirituali si possono ricavare dalla sua figura per chi vive la vocazione matrimoniale? «La Corsini si ispira alla Vergine che è stata la prima educatrice di Gesù: i figli si educano con l’esempio, la pratica delle virtù, lo spirito di sacrificio e la carità. Il suo modello pedagogico è dunque mariano e personalizzato, nella misura in cui la Madonna conosce ciascuno dei suoi figli, sa quello di cui necessitano e che occorre donar loro per la crescita nella santità. Per esempio, insieme al marito Luigi, andava spesso da Roma a Napoli al Teatro San Carlo, lasciando i figli con i nonni. Al rientro era solita dare il bacio della buona notte ai figli. Una volta però trova il figlio Paolino seduto sul letto, il quale le dice: “Non lo fare mai più, mamma! “Che ho fatto?”, gli risponde. “Io durante la notte mi sono svegliato, ho avuto bisogno di te e tu non c’eri”, riprende il figlio. Da allora i beati coniugi decidono di non andare più al San Carlo. In un’altra occasione Maria apre la porta di soppiatto e si accorge che Paolino aveva fatto due tiri dal sigaro del nonno. Il figlio butta subito la cicca sotto l’armadio, ma la mamma sente l’odore di fumo e gli chiede: “Hai fumato?”. “No”, risponde Paolino. Allora Maria gli dà uno schiaffo correttivo, spiegandogli di averglielo dato non perché avesse fumato, ma perché le aveva detto una bugia».
Quale era la loro giornata-tipo? «I beati coniugi si alzavano la mattina senza salutarsi: ognuno leggeva a turno le letture del giorno ad alta voce mentre l’altro si preparava. Poi andavano a Messa insieme e, solo una volta usciti, si davano il buongiorno, perché da Cristo la loro giornata “ricevesse il suo ragionevole inizio”. Dopo la colazione insieme ognuno svolgeva il suo lavoro, “portando incessantemente l’uno la presenza dell’altro”, scrive Maria. Si ritrovavano per il pranzo ove si discuteva di tutto e Maria notava “i giudizi bonari” e mai critici del marito, il quale era un avvocato generale dello Stato che, pur avendo a che fare con situazioni drammatiche, sapeva farsene carico con autentica compassione. Poi essi passeggiavano insieme una mezz’oretta; Luigi tornava a lavoro e Maria afferma in proposito che con tanto amore “attendevo mio marito mettere la chiave nell’uscio di casa”. Quindi si cenava, Rosario insieme, vita intellettuale e vita intima coniugale».
E rispetto all’educazione dei figli? «A chi le chiedeva come avessero fatto a educare alla fede i loro figli – che poi son diventati tre religiosi e una consacrata – rispondeva: “Non abbiamo fatto niente di particolare, né posso dire che nella mia casa ci fossero altarini, preghiere incessanti, sacrifici: di tutte queste cose nella nostra casa non c’è mai stato niente. Abbiamo fatto in modo che i nostri figli crescessero con spirito genuino, che conoscessero le basi della vita cristiana. Certo abbiamo cercato di tutelarli da elementi esterni negativi, ci siamo premurati che coltivassero amicizie sane e crescessero nell’amore per la patria”. Maria era dunque profondamente consapevole che la vocazione è un dono di Dio, che viene dall’alto e non dipende dalla famiglia, né dai meriti o dal terreno che prepari. Certo può avere una preparazione remota, ma non è indicativa per una scelta di Dio. In polemica con la Montessori, la Corsini riteneva fondamentale porsi in ascolto dei figli, ma soprattutto che essi abbiano bisogno di modelli concreti e che sia necessario educarli a conoscere Cristo subito, fin dal grembo materno. Per questo sicuramente, insieme al marito, la Corsini è stata un modello testimoniale di vita evangelica».


