Da “Il mestolino” n. 14

Un adagio che prelude una sonata. Di per sé è inu­suale! “Quasi una fantasia”. Così Beethoven denominò la sua, ad indicarne il carattere libero, originale, atipico del periodo. Un adagio che schiude e suggella una tenera sto­ria d’amore. Questo è tutt’altro che inusuale! Chissà, in­vero, quante dichiarazioni d’amore sono state fatte sulle note sublimi e struggenti del celebre movimento. Anche Luigi e Maria, i coniugi beati, il dì 15 marzo del ‘905 re­sero immortale il loro bene affermandosi su quelle note, proprio mentre lei suona per lui al pianoforte “Al chiaro di luna”: “domani, nell’ora in cui il nostro pensiero rievoche­rà il momento sublime in cui il tuo Gino balbettò la prima parola d’amore, mentre la tua mano si illanguidiva sulla tastiera, indugiando sulla sonata di Beethoven, non po­tremmo in quell’ora guardarci lungamente, intensamente negli occhi, ma le nostre anime si verranno incontro più di lontano”. Da quell’istante la musica rappresenterà un elemento rilevante prima nella coppia e poi nella famiglia Beltrame Quattrocchi. Beethoven non era solito mette­re titoli alle sue opere. Il nome glielo dà Ludwig Rellstab, probabilmente nel 1832 o 1836, vedendo in quell’Adagio la descrizione d’un idilliaco panorama notturno sbiancato dalla luna: il lago dei quattro Cantoni. Un accompagna­ mento cristallino, quasi in filigrana, su cui si leva un tema quieto ma deciso incedente su un andamento delicato che s’innalza e ridiscende.

Da quell’attimo irripetibile, come egli scrive, altresì il loro destino era segnato. “Fisso in questo momento la tua immagine adorata, e mi par di vederla volger l’occhio ver­so di me, come tu fai talvolta mentre suoni, per dirmi: sì, fin ch’io viva e più in là sarò tua”. Così Luigi scriveva all’a­mata sua. Di lì i riferimenti frequenti a un immaginario musicale nel loro epistolario, come elemento di incontro, passione comune e diletto di Maria al pianoforte: “Accor­dando gli strumenti” (1901-1905); “Preludio di prima­vera” (1905); “Sinfonia sponsale” (1906-1916). Poi Enri- chetta, vive, impregna ed assimila le “Armonie” familiari. Lei, spesso definita la figlia “che non doveva nascere”, è quella che compendia quanto di più grande, la mamma, il papà, i fratelli Stefania detta Fanny e Filippo, tra studi, co­noscenze, approcci e frequentazioni musicali, quel foco­lare domestico fu degno di divampare ed effondere nello spirito d’ognuno. Dalla madre che le impartisce le prime nozioni musicali studierà col Maestro di lei, Alessandro Bustini futuro Direttore dell’Accademia di Santa Cecilia. La musica rappresenta un momento di condivisione.