il mestolino n9

Un “mestolino” nelle mani di Dio

La prima cosa che bisogna fare, quando si parla di santità, è di liberare questa parola dalla soggezione che essa incute, a causa di certe rappresentazioni errate che ce ne siamo fatti. La santità può comportare fenomeni straordinari, ma non si identifica con essi. Se tutti sono chiamati alla santità, è perché, intesa rettamente, essa è alla portata di tutti, fa parte della normalità della vita cristiana. E proprio in questo sta, forse, la lezione più attuale che ci viene da Enrichetta Beltrame Quattrocchi e dai suoi santi genitori, i Beati Coniugi Luigi e Maria.

Il filosofo Blaise Pascal ha formulato il principio dei tre ordini, o piani della realtà: l’ordine dei corpi o della materia, l’ordine dello spirito o dell’intelligenza e l’ordine della santità. Una distanza infinita, qualitativa, separa l’ordine dell’intelligenza da quello della materia; ma una distanza ” infinitamente più infinita” separa l’ordine della santità da quello dell’intelligenza, perché esso è al di sopra della natura. I geni, che appartengono all’ ordine dell’intelligenza, non hanno bisogno delle grandezze carnali e materiali; queste non aggiungono nulla ad essi. Così i santi, che appartengono all’ordine della carità, non hanno bisogno delle grandezze carnali e di quelle intellettuali che non aggiungono né tolgono loro nulla. Sono veduti da Dio e dagli angeli, non dai corpi né dalle menti curiose: a loro basta Dio.

Dell’ordine della santità, Gesù è non solo il culmine,ma anche la sorgente, perché da lui deriva storicamente tutta la santità dei santi e della Chiesa. La santità di Cristo è il riflesso della santità stessa di Dio, la sua manifestazione visibile, la sua immagine. Egli è proclamato diverse volte nel Nuovo Testamento “il Santo di Dio”, cioè la santità di Dio fatta carne.Ma ora la buona notizia. C’è infatti una buona notizia e un lieto annuncio anche a proposito della santità di Cristo, e questo lieto annuncio non è che anche noi dobbiamo essere santi e immacolati, ma è che Gesù comunica, dona, regala a noi la sua santità; che la sua santità è anche la nostra. Di più: che egli stesso è la nostra santità. È scritto infatti che egli è divenuto, per noi, sapienza, santificazione e redenzione (et. I Cor 1,30). Per noi! La santità è dono, grazia, prima di essere dovere.Una seconda buona notizia: per essere santi, non siamo costretti a scegliere di realizzarci in uno dei tre ordini ricordati da Pascal, non siamo costretti a sceglierne uno rinunciando agli altri. È la prerogativa unica della santità. Si può essere santi in qualsiasi ambito o stato di vita. Puòaspirare alla santità chi è ricco, bello o forte (naturalmente, se usa bene di questi doni di Dio) e chi non lo è; chi è intelligente e chi è semplice e illetterato.

La Chiesa lo inculca con il fatto di canonizzare uomini e donne delle più disparate professioni e stati di vita: celibi e sposati, dotti e illetterati, ricchi e poveri. Ne è un esempio la vita di Enrichetta Beltrame Quattrocchi, che ai propri occhi non era altro che un “mestolino” nelle mani di Dio, come lo era stata la vita dei suoi genitori, i Beati Coniugi Luigi e Maria. Due coniugi, quattro figli, ognuno con la sua specifica vocazione ma con un’unica aspirazione: la santità.